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Chiuso la Domenica
la parola
un cappio al collo
l'ultima parola
nei rari momenti
in cui tutto diventa leggero
acquista trasparenza
io penso
"do la mia parola
volentieri
ritirerei la parola data"
ma dura poco
perché ecco - cigola l'asse del mondo
passano le persone
i paesaggi
i cerchi colorati del tempo
e la parola data
mi fa un groppo in gola
(Zbigniew Herbert)
Dovrò di nuovo erigere la vasta vita,
specchio di te ancora:
dovrò ricostruirla ogni mattina.
Ora che non ci sei,
quanti luoghi son diventati vani
e senza senso, uguali
a lampade di giorno.
Sere che ti hanno accolto come nicchie,
musiche dove trovavo te ad attendermi,
parole di quel tempo,
dovrò distruggervi con queste mani.
In quale baratro potrò celare l'anima
perché non veda la tua assenza,
fulgida come un sole orribile
che non tramonta mai, spietata eterna?
La tua assenza mi sta attorno
come la corda al collo,
come il mare a chi affoga.
(Jorge Luis Borges)
Perdonatemi: ho dormito.
E dormire non è vivere. Pace agli uomini.
Vivere non è soffrire o sentire parole che ancora non vivono.
Vivere in queste? Le parole muoiono.
Sono belle quando suonano, ma non durano.
Come questa notte bianca. Come ieri quando l'aurora
o quando il giorno intero stende l'ultimo
raggio, per caso sul tuo viso.
Chiudi gli occhi col tuo pennello di luce.
Dormi.
La notte è lunga, ma è già finita.
(Vicente Aleixandre)
Rifiutare l'altra guancia, lanciare la pietra,
non agire così, alle volte, non contestare
l'adempiente che ti offende d'essere
è fallire il colpo, te stesso, la regola intrinseca.
Maledici chi ti ha colpito! Quando i soldati beffeggiarono
Gesù bendato ed Egli, a sua volta, non li irrise
non si offesero né impararono nulla, tuttavia
qualcosa fu reso manifesto - il potere
del potere non esercitato, della speranza intuita
dagli impotenti, per sempre! Tuttavia, per Cristo,
fammi un favore, almeno per questa volta:
maledici, dai scandalo, lancia la pietra.
(Seamus Heaney)
Non c'è più quella grazia fulminante
ma il soffio di qualcosa che verrà.
(Sandro Penna)
Come spostando pietre:
geme ogni giuntura! Riconosco
l'amore dal dolore
lungo tutto il corpo.
Come un immenso campo aperto
alle bufere. Riconosco
l'amore dal lontano
di chi mi è accanto.
Come se mi avessero scavato
dentro fino al midollo. Riconosco
l'amore dal pianto delle vene
lungo tutto il corpo.
Vandalo in un'aureola
di vento! Riconosco
l'amore dallo strappo
delle più fedeli corde
vocali: ruggine, crudo sale
nella strettoia della gola.
Riconosco l'amore dal boato
- dal trillo beato -
lungo tutto il corpo!
(Marina Ivanovna Cvetaeva)
Quando dovrò venire a Te, Signore,
fa che un bel giorno sia, che la campagna in fiore
risplenda. Il mio sentiero vorrei, come quaggiù,
scegliermi per andare, come mi piacerà,
in Paradiso, dove di giorno son le stelle.
Prenderò il mio bastone e sulla strada grande
andrò, dicendo ai miei amici, gli asinelli:
Io sono Francis Jammes e vado in Paradiso,
ché non c'è inferno nel paese del buon Dio.
E dirò loro: Venite, del cielo azzurro, amici,
povere bestie che con un muover d'orecchi
discacciate le api, le busse ed i tafani...
Che io Ti appaia in mezzo a queste bestie,
che per questo mi piacciono: che abbassano la testa
dolcemente e si fermano giungendo le loro zampette
in un modo dolcissimo e che ti fa pietà.
Arriverò seguito da migliaia d'orecchi,
da quelli che portarono pesanti ceste ai fianchi,
da quei che trascinarono carri di saltimbanchi,
o carretti ricolmi di pentole e piumini,
da quelli che portano sul dorso dei bidoni ammaccati,
dalle asine pregne, come otri i fianchi enfiati,
da quelli ai quali infilano come dei calzoncini,
per le bluastre piaghe che fanno purulente
le mosche che testarde vi s'attaccano intorno.
Signore, con questi asini a te venga, quel giorno.
E fa che siano gli angeli a guidarci alla pace,
verso ruscelli erbosi che specchiano ciliegie
lisce come una carne ridente di fanciulle;
che curvo sulle tue acque divine, in quella
dimora degli eletti, agli asini somigli,
la povertà miranti, umile e dolce loro,
dentro la limpidezza del sempiterno amore.
(Francis Jammes)
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